I CINESI NON MUOIONO MAI

17:53

"Li abbiamo incontrati, abbiamo parlato a lungo con loro, abbiamo conosciuto le famiglie, intuito quanto fosse ramificata la rete delle loro parentele. Abbiamo verificato quello che prima di partire potevamo soltanto immaginare. Ovvero che dei cinesi non si sa niente."

I cinesi non muoiono mai. Lavorano, guadagnano, cambiano l'Italia e per questo ci fanno paura. Chiarelettere, 2008


La quarta di copertina di questo libro sulla presenza della popolazione cinese in Italia riporta questa frase che racchiude un po' il succo e il cuore di quello che verrà approfondito ed esplicitato lungo le circa 230 pagine attraverso le quali si sviluppa il resoconto di un viaggio che ci porta, dalle Alpi a Matera, sulle tracce di questa comunità laboriosa e silenziosa della quale sempre più percepiamo la presenza nelle nostre città.
Infatti, I cinesi non muoiono mai. Lavorano, guadagnano, cambiano l'Italia e per questo ci fanno paura è una raccolta di testimonianze e racconti che il reportage di due giornalisti, Raffaele Oriani e Riccardo Staglianò, ha portato alla luce.
La presenza dei cinesi in Italia, per altro una realtà già a partire dagli anni '30, si porta dietro tutta una serie di luoghi comuni e stereotipi come quello rievocato dal titolo, secondo il quale i cinesi non muoiono mai visto che nessuno (o quasi) ha mai visto un funerale cinese. In effetti non è molto comune assistere a queste cerimonie ma lo stesso si può dire dei funerali di altre culture come quella senegalese, marocchina o filippina. Però se “i cinesi non muoiono mai” non è perché non muoiano davvero, il luogo comune vuole infatti che sì muoiano, ma che non vengano registrate le morti per poter dare il via a un traffico di passaporti gestito da associazioni criminali. Tanto sono tutti uguali, no? Chi si accorge delle differenze. Poco importa se invece il tasso di mortalità è basso perché gli anziani e i malati preferiscono tornare in patria e che i cinesi che intendono migrare, prima di far fronte alle ingenti spese del viaggio, si sottopongano a minuziosi check up fisici. Oppure ricordiamo la diceria che vedrebbe i ristoranti cinesi servire usualmente carne di cane ai loro ignari commensali, ma che da quanto riportano i controlli effettuati periodicamente dall'ASL è assolutamente infondata. Per non parlare del pullulare di nuove aperture di negozi, bar e attività cinesi. Dove prenderanno i soldi? Sicuramente c'è dietro la mafia.
Questi e altri stereotipi vengono smascherati e messi a nudo di fronte alla realtà dei fatti. Si scoprirà così che i soldi che i cinesi investono nell'apertura di locali e attività provengono da anni di estenuanti turni di lavoro (che raggiungono anche le 15-16 ore al giorno) come lavapiatti o a cucire le borse in un soppalco buio, e dal solido network delle guanxi, che consiste nello scambio di favori e denaro che si perpetua tra amici e parenti. E che funziona meglio di una banca.
Si scoprirà poi che la produzione del riso italiano nel vercellese prospera e continua nella sua tradizione grazie anche al minuzioso lavoro della manodopera cinese. La figura della mondina china nella risaia con l'acqua fino alle ginocchia che canta “Quel mazzolin di fiori” ormai è stata sostituita da quella dei “mondini” cinesi, rapidissimi ed efficienti. L'unico problema riscontrato dai datori di lavoro è l'eccessivo zelo di questi cinesi che pretendono di poter lavorare per più di dieci ore al giorno. Immaginatevi la faccia del capo italiano di un gruppo di cinesi delle risaie a cui era stato intimato di non superare le dieci ore di lavoro al giorno per evitare malori e salvaguardare la salute, quando si è trovato, il giorno successivo, tutti quanti a dare le dimissioni con le valige già pronte. Come ci si comporta con dei lavoratori che vogliono lavorare di più di quanto sia ritenuto ragionevole dalla mentalità italiana?
Che ne sarebbe poi del settore della pietra a Barge e Bagnolo Piemonte, in provincia di Cuneo, senza la massiccia presenza di abili scalpellini cinesi che hanno aiutato a triplicare i ricavi grazie al loro encomiabile lavoro?
E poi le dinamiche di Milano, capitale della presenza cinese in Italia, dove il quartiere Sarpi fa da centro nevralgico per lo sviluppo e la compravendita di attività cinesi. E quindi Prato, la città più cinese d'Italia per rapporto abitanti locali e cinesi.
Si parla anche della sfida e delle aspirazioni dei giovani cinesi di seconda generazione che dopo la vita di sacrifici condotta dai genitori si prendono la loro personale rivincita laureandosi nelle migliori università e intraprendendo carriere di successo.

Insomma questo libro è utile e interessante per chi vuole farsi un'idea di quello che fanno e come vivono i cinesi in Italia. Una lettura scorrevole e istruttiva che ci permette di guardare un po' oltre i nostri paraocchi, lacerando il velo del pregiudizio che avvolge questa comunità che silenziosamente si costruisce un futuro senza paura di mettersi in gioco ed investire sulle nuove generazioni.

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