Da quarantacinque anni l'8 aprile viene celebrata la Giornata internazionale dei popoli rom e sinti.
Secondo uno studio condotto dal Pew research center nel 2014, nella maggior parte dei Paesi Europei i cittadini vedono in maniera negativa le minoranze etniche, in particolare quella delle popolazioni rom. In testa alla classifica, neanche a dirlo, ovviamente c'è l'Italia.
I media sicuramente contribuiscono a creare questo clima di ostilità , parlando di questa minoranza in toni quasi sempre sopra le righe e facendo percepire uno stato di continua emergenza che in realtà non esiste. Quante volte sentiamo parlare di "emergenza rom" ed "emergenza campi nomadi"?
Insomma, le notizie lanciate e i toni tenuti dalla maggior parte dei nostri telegiornali e dei nostri politici, non fanno altro che gettare benzina sul fuoco del pregiudizio. "I rom rubano i bambini", "i rom ce l'hanno proprio nel DNA questa cosa di rubare e vivere di accattonaggio". Niente di più falso, ma si sa che i luoghi comuni, soprattutto quelli negativi, si radicano nelle credenze popolari e sono duri a morire.
Per fortuna esistono i numeri, che prontamente smentiscono questa visione così catastrofica del fenomeno e aiutano a smontare uno per uno tutti i luoghi comuni contribuendo ad aprire gli occhi a chi abbia almeno la voglia di informarsi. Visto che è già stato scritto un articolo chiaro ed esauriente su questi dati evito di riportarli e vi invito a leggerli a questo link.
La bandiera: verde come il prato, azzurro come il cielo. Al centro la ruota di origine indiana rappresentante il nomadismo nei secoli. |
Detto questo, mi sembra lampante che quello che politici e telegiornali ci propinano è decisamente estremizzato e sta a noi fare uno sforzo in più per decifrare la realtà , senza limitarci a credere ciecamente a quello che ci vogliono far credere.
I popoli rom e sinti vengono da secoli di discriminazione: durante la Seconda Guerra Mondiale, anche se molti non lo sanno e i libri scolastici non lo ricordano quasi mai, accanto agli ebrei c'era una grossa fetta di deportati in quanto rom. Il genocidio dei rom e sinti, il porrajmos in lingua romanì, provocò la morte di ben cinquecento mila di essi. Morti che, secondo un fenomeno che si ripete da sempre, sembrano contare meno di altre.
Oggi uno dei temi più dibattuti in materia di popoli rom e sinti è la questione dei campi nomadi. Pur ricordando che meno della metà dei rom e sinti stabiliti in Italia vive nei campi, non si può negare che il problema esista e che siano necessari interventi e politiche in grado di risolvere questa situazione nel migliore di modi.
Questa questione ha dato vita a un modo di leggere il fenomeno secondo me del tutto sbagliato. Sembra infatti che esistano due fazioni, "i cattivi" che vogliono chiudere i campi e "i buonisti" che li vogliono tenere aperti. Niente di più falso. I campi nomadi, sia abusivi sia autorizzati, così come si presentano oggi non sono in alcun modo sostenibili e spesso violano i diritti umani. Inoltre danno vita ad un doppio problema: il loro essere collocati ai margini della città , in zone periferiche prive di servizi e mezzi di trasporto pubblici, poco collegati alla vita della città , non fa altro che ghettizzare sempre di più coloro che ci vivono. E d'altro canto coloro che vivono in prossimità dei campi percepiscono questa ghettizzazione e divisione dal resto della società , che nel più frequente dei casi dà vita a sentimenti che tradotti in parole sarebbero più o meno "spazziamoli via con una ruspa".
Le soluzioni possibili sono probabilmente complesse ma esistono. Forse è il momento di schierarsi davvero e senza paura dalla parte di coloro i quali, da secoli, sono considerati gli ultimi tra gli ultimi.